domenica 19 novembre 2017

4 3 2 1 by Paul Auster: recensione

4  3  2  1
Review by Wuthering Heights









Avviso ai naviganti, questa recensione non sarà breve e da un certo punto in poi conterrà spoiler! (Ma sarete avvertiti, tranquilli.)



Il mio primo incontro con Paul Auster non è avvenuto il 20 di ottobre – data in cui ho iniziato a leggere 4 3 2 1 – ma un anno prima. La casa editrice Einaudi aveva appena iniziato il periodo degli sconti; comprai “Follie di Brooklyn” e lo dimenticai presto. Un segno. Evidentemente il destino dei libri – come lo chiamo io – voleva che facessi conoscenza col signor Auster partendo da qualcosa di molto più voluminoso.

Il libro è lungo 939 pagine e contiene quattro storie. Sì, avete capito bene! La vita di Archie Ferguson viene  divisa in quattro strade diverse. Auster non si ferma alla sola vita del  protagonista, ma racconta le altre possibilità. Esplora, per così dire, le meravigliose vie del “possibile.” Cosa sarebbe successo “se”? Cosa avrebbe fatto? E’ stato meglio o è stato peggio?

Abbiamo comprato un solo libro, ma è come averne quattro.
La storia si divide in sette capitoli, ognuno dei quali contiene quattro versioni. Quattro diverse vite in cui si intersecano gli avvenimenti di Archie e di alcune delle persone per lui fondamentali. Una su tutte Amy, la donna tanto desiderata.


 Ma cos’ha di tanto speciale, il libro?

La prosa, i personaggi, i riferimenti culturali e l’America.

La prosa di Paul Auster è piena di slancio; il libro si fa leggere con una particolare gioia e il lettore ne è avvinto, trascinato. La sensazione è quella di stare nuotando, di venire risucchiati, ma senza aver paura di affogare all’interno di una narrazione lunghissima e senza sbocchi. Ecco perché non dovete avere timore della sua mole. L’importante è avere il coraggio di iniziare.


I personaggi, a partire dal protagonista, sono tutti interessanti. La vitalità meravigliosa di queste figure le ha rese per me quasi “reali”. Mi ritrovavo a pensare a loro non solo come a personaggi di un libro. Penso che questo sia sintomo di grandezza nel costruire i personaggi, e P. Auster lo dimostra già dalla prima pagina. Ha la facoltà di fare, su carta, quello che maghi appartenenti a favole medioevali facevano ai pupazzi di terracotta. Dalla nuda terra un alito di vita e poi la scintilla.



Di riferimenti culturali il libro è pieno. A questo proposito ho svolto un attento lavoro di sottolineatura; ho trasformato il volume in una sorta di guida personale alla volta di meraviglie letterarie. Partiamo dai libri che vengono citati in 4 3 2 1! Grande è l’attenzione data ai classici ( anche quelli latini e greci, di cui vi cito innanzitutto l’Odissea. ) Tolstoj, Dostoevskij, Dickens, Voltaire, Faulkner, Joyce, Sartre, Apollinaire, Stendhal, Gogol, Babel, Flaubert, Melville, Camus. Questi sono solo una parte degli autori citati e, mentre ero nel bel mezzo della lettura, ho anche scattato una foto di quelli che già possiedo in casa mia. Tra i libri più citati sicuramente Walden di Henry David Thoreau, La stanza di Giovanni, Delitto e castigo. Grandissimo spazio viene dato alla musica, ma anche allo sport! ( Bellissime sono le descrizioni sul baseball; tanto belle da avvincere anche una persona che di baseball non sa nulla.) Il cinema; ah, quanto cinema si respira tra le pagine di 4 3 2 1! Tanti film americani, tanti film francesi. I capolavori e gli sketch divertenti; i film muti, i corti di Stanlio e Ollio.  Sono presenti i piccoli cinema di New York, quelli ancor più piccoli di Parigi. Tutti i cinema del mondo sembrano convergere nell’amore per la cinematografia di Archie Ferguson; le sale piene di poltrone immerse nell’oscurità, dove ogni fotogramma è un capolavoro e rivela un meccanismo dell’esistenza umana. O di quello che vorremmo che fosse.









L’America di 4 3 2 1 è sopratutto quella degli anni sessanta. E’ il decennio in cui il nostro protagonista vive l’università, e la tensione sociale inerente alla guerra del Vietnam sale fino a scoppiare. Sono gli anni della Columbia, di Princeton, di Parigi. Eh sì, perché c’è anche Parigi. Questa America protagonista di Auster è una terra di frontiera, dove ognuno deve combattere in prima persona ma anche lasciarsi andare al caso. Un po’ come sperare di non essere idonei al servizio militare. Non è solo l’America della periferia, ma è monumentale il ruolo di New York. La città per eccellenza.  La città dove tutto accade, in cui uomini e donne si fondono in un’unica lotta armata. La lotta terribile del voler uscire dal guscio, affermarsi, vivere. Forse non vincere sempre, ma vivere sì.


Ma quale vita è più degna di essere vissuta? Un quesito fondamentale.


Tra le cose che aveva scoperto di se stesso, era che sembravano esistere tanti Ferguson, che lui non era una sola persona ma un insieme di identità contraddittorie, e ogni volta che era con una persona diversa era diverso anche lui. Con uno schietto ed estroverso Noah, si sentiva silenzioso e chiuso in se stesso. Con Ann Brodsky, che era timida e riservata, si sentiva greve e chiassoso, e parlava sempre troppo per vincere l’imbarazzo dei suoi lunghi silenzi.


Il tema centrale della storia, di cui ho accennato all’inizio, ha a che fare con una delle domande secondo me fondamentali dell’essere umano. Credo che tutti, prima o poi, si fermino a chiedersi quali cambiamenti e rivoluzioni avrebbero potuto essere e non sono stati. Ed è un tema molto caro a P. Auster, perché, leggendo un volumetto davvero breve ( Il taccuino rosso ) in cui vengono narrati suoi personali aneddoti, l’autore raccontava della genesi di “Città di carta.” L’idea, diceva, gli era nata perché una notte aveva ricevuto due chiamate da un uomo che cercava un’altra persona. In seguito Auster si era pentito di non aver colto l’occasione, e aver declinato la possibilità di impersonare i panni di uno sconosciuto. Cosa sarebbe successo se lui avesse colto l’occasione al balzo? E’ un tema davvero affascinante, e in 4 3 2 1 viene affrontato appieno e realizzato come forse l’autore ha sempre voluto fare.


" (…) fin dall’inizio della sua vita consapevole, con la sensazione costante che i bivi e le parallele delle strade prese e non prese fossero tutti percorsi dalle stesse persone nello stesso momento, le persone visibili e le persone ombra, che il mondo effettivo fosse solo una piccola parte di mondo, poiché la realtà consisteva anche in quello che sarebbe potuto succedere ma non era successo, che una strada non fosse né meglio né peggio  di un’altra, ma il tormento di vivere in un solo corpo stava nel fatto che dovevi essere sempre su una strada soltanto, anche se avresti potuto essere su un’altra, in viaggio verso un posto completamente diverso." 



Bravissimo Paul Auster lo è sempre; ho recuperato subito Follie di Brooklyn! E quanto ho riso grazie all’adorabile protagonista – Nathan Glass, personaggio che sembra uscito da un film di Woody Allen.  Ma 4 3 2 1 ha tutto l’aspetto del capolavoro, del Grande Romanzo Americano. Un po’ come Pastorale americana di Philip Roth, in cui l’America dona e poi vuole riavere tutto indietro. 4 3 2 1 è il grande lavoro dell’artista, e immagino che ci sia abbastanza del creatore nella creatura. Archie Ferguson è nato nel 1947, Paul Auster è nato nel 1947; Archie (o almeno uno degli Archie) ha studiato alla Columbia, anche Paul lo ha fatto. E chissà quante altre linee sottili potrebbero essere colte da chi conosce l’autore meglio di me! Io, da neofita, non vedo l’ora di proseguire nella scoperta dello scrittore che ha saputo incantarmi.


Ho pubblicato tante foto con protagonista il libro, un libro che assomiglia ad un bellissimo scrigno all’interno del quale trovare altri scrigni. Oppure una porta da cui entrare in altre porte. Anche meglio: Narnia. Ho condiviso citazioni sui social, e ho ripetuto a qualsiasi persona di correre in libreria e appropriarsi di una copia del nuovo Auster.  Ma se non siete ancora convinti, e prima di iniziare la parte dell’articolo in cui inserirò spoiler, vi dico un’altra cosa.


I libri migliori sono quelli che vi fanno sentire affamati di vita; 4 3 2 1 è uno di questi libri. I libri migliori incitano alla lettura, aprono la mente, ampliano gli orizzonti.         
4 3 2 1 è anche uno di questi libri. Cosa potrei dire di più?


A chi ha già letto il libro chiedo: avete preferito uno degli Archie in particolare?



Io ho avuto una vera e propria adorazione per l’Archie numero tre. Il ragazzino che ha perduto il padre nell’incendio, quello che ha vissuto un periodo di strano interludio con sua madre a New York; la creatura complicata e “a doppio senso”, l’affamato d’amore e di malinconia, ma anche di vita, di cinema, di scrittura. Il giovanissimo autore diciannovenne, l’abitante di Parigi ( “Parigi era la città dove un giorno avrei voluto vivere” ), il lettore infaticabile. L’ho trovato il più bello, quello più vicino a me! A volte – e sono i momenti più belli per un lettore – scegliamo un personaggio e non lo dimentichiamo più. E’ una scelta inconsapevole. Ed io che raramente mi commuovo ( non ho pianto nemmeno per “Uomini e topi” ) ho avuto bisogno di solitudine, di tanta riflessione e riletture pazienti. Di sottolineare. Uno stato di simbiosi con la storia, con il libro, con Archie Ferguson. Per alcuni motivi mi sentivo simile a lui, per altri motivi era una persona che mi sarebbe piaciuto incontrare nella vita reale. Forse, su tutte le scene in cui è presente l’adorato Archie numero 3, quella in cui legge l’Odissea è una delle più belle e profonde.


Ho detto che  4 3 2 1 ricorda una porta che da su altre porte; ma è anche una baraonda. Ci sono migliaia di visi, di odori, di strade, versi, canzoni, urla, lacrime, sorrisi, scrittori, attori, cinema, città, madri, padri, compagni, amici, amori, incendi, morti, vite, rinascite, grandi temporali e tensioni. Un romanzo mondo, un bellissimo romanzo in cui l’io del protagonista diventa corale e ti abbraccia. E’ un grande abbraccio rivolto a chi riesce ad immergersi nella fame di vita.


 "Tu non vuoi cambiare il mondo, Archie, tu vuoi capirlo per trovare il modo di riuscire a viverci."



Secondo me questo romanzo parla della fame di vita. Aristotele diceva che l’uomo esplica la sua virtù vivendo, e alla fine ritorniamo sempre a quella verità.

4 commenti:

  1. Ciao Giada, proprio ieri ho comprato il libro.
    Lo so che c'è lo spoiler alert, ma mi fido dei tuoi pareri, quindi ho voluto leggere lo stesso la recensione. E poi il libro è lungo, ho intenzione di leggerlo lentamente, e prima che arrivi alla fine avrò dimenticato le anticipazioni.😊
    Non vedo l'ora di entrare nei quattro mondi di Archie. Già sento che sarà una lettura importante! ❤

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    1. Ciao Alessandra! Mi fa sempre molto piacere sapere che qualcuno ha comprato il libro. Come avrai capito l'ho amato dalla prima all'ultima pagina. Fai bene a leggerlo lentamente, avrai la possibilità di tenere con te questo splendido personaggio per più tempo. Per me è stata una lettura importante, tanto che mi sono sentita cresciuta come lettrice. Quindi ti auguro buona lettura e, se vorrai, fammi sapere i tuoi pensieri alla fine! Mi trovi anche su Instagram.

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  2. Ciao Giada, innanzitutto complimenti per il blog! L'ho scovato da poco e ho trovato degli utili consigli di lettura.
    4 3 2 1 l'ho finito la settimana scorsa e credo sia stata la migliore lettura di quest'anno. E' incredibile il modo in cui Auster riesce a gestire il meccanismo delle quattro possibili vite di Archie.
    Ormai Archie è diventato un mio amico, non un semplice personaggio ma una persona reale, e non saprei dire quale dei quattro ho preferito in particolare.
    E' proprio vero, questo libro ti fa sentire affamato di vita e direi anche di infinite letture e di cinema, con tutte le belle citazioni che contiene.

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    1. Grazie Sabrina! 4 3 2 1 è proprio un concentrato di bellezza. Adesso non ci rimane altro che leggere anche le altre opere di Paul Auster per superare un po' la nostalgia.

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