giovedì 17 gennaio 2019

In un chiaro gelido mattino all'inizio del ventunesimo secolo: recensione

“In un chiaro gelido mattino di gennaio all’inizio del ventunesimo secolo”
Recensione di Wuthering Heights 

















Inizia quasi come una favola dei fratelli Grimm, il romanzo d’esordio del famoso drammaturgo tedesco Roland Schimmelpfennig.

 

Nella provincia di Berlino viene avvistato un lupo, cosa di per sé abbastanza strana visto che di lupi se ne sono visti pochi ultimamente. Il lupo per complicare le cose però sembra volersi dirigere proprio in città.

Scatta l’incredulità, poi la curiosità, infine l’ossessione.

Tutti sono alla ricerca della foto perfetta, dell’incontro.

Nel bel mezzo di un ingorgo autostradale un giovane polacco è il primo a vedere il lupo e a fotografarlo.

Da qui in poi gli eventi si succedono come una valanga.

 

Valanga è proprio la metafora giusta per iniziare a parlare di questo romanzo; affascinante e profondo, il libro rivela l’anima teatrale dello scrittore. Innanzitutto è presente una varietà cospicua di personaggi, in secondo luogo essi compaiono davanti al lettore con la velocità e la precisione di attori che si danno il cambio sopra il palcoscenico.

La narrazione è costituita da paragrafi, più o meno lunghi, che svelano il personaggio, poi il successivo in un intercalare di azioni e riflessioni angoscianti. 

 

Ma cosa unisce questo gruppo di uomini e donne? Cosa hanno in comune? 

La solitudine. 

La solitudine, senz’altro, non è solo uno stato d’animo ma un luogo in questo libro. 

Come scrive Olivia Laing, nel suo straordinario saggio Città sola, la solitudine è una città a sé dove molti si trovano a vivere prima o poi. 

E’ proprio questo il pensiero ricorrente, leggendo In un chiaro gelido mattino all’inizio del ventunesimo secolo. 

La solitudine, come luogo, stato d’animo, diventa la visione cristallina della forma che la vita di un uomo può assumere.

 

E’ la solitudine a legare i personaggi, ma anche l’alienazione, l’insoddisfazione, le problematiche legate ad una certa classe sociale. Si parla di immigrazione, di alcolismo, droga. Anche di violenza domestica. 

 

Tutto questo regala al lettore una sensazione permanente di angoscia, che però non è da considerarsi negativa. Se ne possono trarre parecchi spunti di riflessione, ci si può immedesimare con tutti questi personaggi che vagano all’interno di una Berlino più gelida che mai.

 

Ma torniamo alla figura del lupo; una metafora azzeccata di tutti i temi sopracitati.

 

Nella tradizione folkloristica tedesca, come nelle favole dei fratelli Grimm, la figura del lupo è ricorrente. E’ la rappresentazione di paura, angosce e incertezza; ricorda il richiamo di un terrore ancestrale, appartenente a popoli lontani.

 

Innumerevoli sono le leggende riguardanti i lupi e le loro mostruose variazioni, i lupi mannari. 

Basta guardare un poco indietro, fare qualche ricerca, e con estrema facilità ci ritroveremo sommersi in leggende di ogni tipo.

E’ il lontano 1589, vicino alla città di Colonia, in Germania, un uomo viene accusato di avere avuto contatti con il demonio il quale gli avrebbe donato una cintura capace di tramutarlo in lupo mannaro. L’uomo si chiama Peter Stumpp, ed è un ricco proprietario terriero. Le accuse parlano di omicidio e cannibalismo, strage di bambini e donne, banchetti a base di cervello umano.  

 

Non è l'unica leggenda.

I fratelli Grimm scrissero ben sette storie con protagonisti i lupi. E questo solo in Germania. In Francia si parla di le loup garou da tempo immemore. E così via. 

 

Guardando a In un chiaro gelido mattino da questo punto di vista, è molto più facile comprendere dove l’autore abbia pescato l’idea del lupo. Ci sono storie che vivono dentro di noi da sempre; leggenda e folklore in molti casi rimangono saldamente intrecciate al nostro immaginario e scivolano nei nostri sogni. Nei nostri libri.

 

 

 

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