mercoledì 20 maggio 2020

Vita eterna, una riflessione sulla vita e sulla morte: recensione




Vita eterna
Dara Horn
Recensione









"E se Dio non è presente, si chiese Rachel, se Dio ha spalancato le porte di casa e se ne è andato, e ha bruciato tutto ciò che rimaneva, se non è rimasto null'altro, allora che si fa? Si entra in un mondo vuoto, correndo per una città deserta dove nessuno ci aspetta e nessuno ci osserva, a consegnare un messaggio per un futuro che non esiste? Qual era allora lo scopo di essere vivi?" 

Questa è una delle citazioni più belle che ho incontrato nella mia ultima lettura, Vita eterna, di  Dara Horn - autrice americana ma di cultura ebrea. Il libro è uscito di recente per Edizioni Atlantide, casa editrice indipendente che sta portando in Italia storie e autori che mi ispirano tanto. Tutto il loro stile, dalla cura meticolosa per i libri, alla scelta del catalogo, è particolare e vi consiglio di dare un'occhiata anche al loro sito http://www.edizionidiatlantide.it 

Vita eterna rispecchia appieno, secondo me, lo stile della casa editrice. 
La storia raccontata è di una delicatezza e insieme di una forza disarmanti. 
Se vi incuriosisce il tema dell'immortalità, sicuramente avrete una ragione iniziale per interessarvi al libro di cui sto parlando in questo articolo.

Rachel è nata ai tempi della distruzione del tempio di Gerusalemme; ha vissuto in un'epoca per noi tanto lontana quanto affascinante, un'epoca permeata completamente dal senso del religioso. 
Ma la sua storia inizia quando decide di compiere un sacrificio per salvare suo figlio che, lentamente, si sta spegnendo e abbandonando alla morte. Quando il sacerdote accetta il suo sacrificio, tagliandole i lunghi capelli neri, le fa una domanda: "Rinunci alla tua morte per salvare tuo figlio?" 
Rachel accetta senza comprendere appieno le implicazioni di quel sacrificio e, inspiegabilmente, è proprio quello che accade: lei sopravviverà alla distruzione del tempio di Gerusalemme e poi ancora e ancora, arrivando fino al mondo moderno - il nostro mondo di oggi. Un viaggio lungo per qualsiasi essere umano.

La storia è una riscrittura del mito dell'ebreo errante e mi ha colpito per le tante riflessioni che racchiude. La protagonista è una donna che, pur cercando di abbracciare la morte infinite volte, ha continuato ad esistere secolo dopo secolo. Ha amato centinaia, migliaia di volte, e ha dato la vita altrettante volte. Ha assaporato tutte le vicissitudini che ogni essere umano può incontrare, nel corso della vita, ma ha anche perso sempre tutto. Ed è giunta a pensare che perdere sempre sia una tortura insostenibile. Ricominciare, ogni volta, è una prova di resilienza troppo dura.

"Mentre il colossale Tempio svaniva dietro una torreggiante colonna di denso fumo nero, Rachel sentì l'odore della carne bruciata. Fu in quel momento che seppe con totale certezza che la vita in questo mondo era finita."

Mi è piaciuta molto l'ambientazione antica del romanzo. Non avevo mai letto niente che parlasse di Gerusalemme e mi permettesse di immergermi in un'epoca tanto piena di spiritualità. La narrazione è divisa tra il passato di Rachel, così mistico e intenso, e il presente dove è una madre anziana ed una nonna. Per raccontare le parti storiche del romanzo, l'autrice ha consultato fonti talmudiche e ha fatto riferimento ad un saggio del primo secolo Yochanan ben Zakkai, nel libro diventato il primo figlio di Rachel. Colui per il quale lei in principio si è sacrificata, rinunciando alla propria morte.

Proprio di temi quali il sacrificio parla questa storia. Cosa siamo disposti a sacrificare per amore? Cosa non faremmo per i nostri cari, affinché essi possano continuare a vivere? Sacrificheremmo noi stessi? 

Rachel racconta del suo lungo viaggio non solo attraverso i secoli, ma attraverso i sentimenti. Avere degli affetti significa portare avanti delle lotte, con se stessi e con gli altri, lotte estenuanti. Nei suoi ricordi vivono i figli che ha partorito e che poi ha visto invecchiare; il suo corpo e la sua mente sono diventati uno scrigno di ciò che è stato.

Affianco al personaggio di Rachel c'è quello di Elazar, l'uomo che amava quando era una ragazza e che ha compiuto il sacrificio insieme a lei. I due sono sopravvissuti insieme, attraverso il tempo, completandosi a volte e spesso allontanandosi. Elazar è una parte di Rachel, quella che lei ha voluto strapparsi di dosso per via di una azione dell'uomo, ma che è comunque rimasta salda: un punto fermo nella tempesta della sua smisurata esistenza. 

Nel corso del romanzo, la decisione di Rachel di abbandonare la vita una volta per tutte cresce; possiamo sentire la sua sofferenza, la frustrazione e il terrore. Addirittura decide di cedere alle richieste della nipote scienziata, cercando di trovare una risposta alla vita e alla morte all'interno di un laboratorio finanziato da Google. 
Io vi ho letto un discorso metaforico, appassionante: si può alimentare o distruggere la vita in un laboratorio? Oppure questo mistero entusiasmante che è la vita - insieme a tutte le sue implicazioni - non può che rimanere appunto un mistero? Forse, nonostante il dolore infinito, le infinite lotte, la vita dovrà continuare a replicarsi senza che riusciamo mai a trovare ad essa uno stop. In realtà vita e morte sono fine a se stesse, ci sono e basta, e bisogna trovare il coraggio di affrontarle.
















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