Una
vita come tante
Review
by Wuthering Heights
Molti
di voi avranno già letto Una vita come tante,
tutti gli altri ne avranno sentito parlare o saranno in procinto di
leggerlo. Il libro della autrice Hanya Yanagihara è stato un caso
letterario, uno di quei libri a cui tutti buttano l'occhio e su cui
tutti vogliono avere una opinione. “Vasto come un romanzo
ottocentesco, brutale e modernissimo per i suoi temi, è un libro
avvincente e ipnotico che ha trascinato lettori e critica per la sua
forza narrativa” recita la breve descrizione in quarta di
copertina. Sarà vero? Ma andiamo per gradi.
La
storia parla di quattro
amici, Jude, Willem, Malcolm e JB.
Si
sono conosciuti al college e le loro esistenze sono rimaste
intrecciate, nella buona e nella cattiva sorte, per tutto il resto
della vita.
Opera
di dimensioni ciclopiche – per la bellezza di 1098 pagine – Una
vita come tante è una sorta di
romanzo mondo. La struttura è concepita come una epopea moderna; i
protagonisti vengono mostrati giovani, vengono mostrati vecchi, e la
narrazione segue un ordine cronologico allargato da molti salti
temporali, ricordi e memorie che riescono comunque a mantenere una
logica nel raccontare gli eventi.
Che
Hanya Yanagihara sappia scrivere è palese; la sua prosa ricorda il
corso di un ruscello che lentamente si allarga fino a diventare un
fiume importante, le descrizioni fisiche, così come quelle che
riguardano lo stato mentale dei personaggi, risultano ricche e
curate. Dal punto di vista della scrittura, della strutturazione dei
personaggi, si possono fare poche critiche. Il lettore attento
raccoglie i particolari incasellandoli al loro posto, coglie i
riferimenti, i passaggi e i ricordi. Il romanzo è pervaso da una
approfondita analisi dell'inconscio dei personaggi, di dolori e
gioie, e la prosa fiume di Yanagihara raccoglie facilmente il sapore
degli eventi e trasmette in modo diretto – senza filtri – al
lettore.
Per
questo motivo, è probabile che stabilirete un rapporto di simbiosi
con il romanzo. Può capitare se un libro raccoglie tre peculiarità
che Una vita come tante possiede
senza dubbio.
La
prosa scorrevole, fiume, devastante nella sua sincerità; la
trattazione di argomenti potenti, intimi e brutali; una moltitudine
di personaggi con cui sia possibile identificarsi.
Sempre
queste peculiarità, che fanno molto apprezzare il libro nelle sue
prime 400 – 500 pagine, spingono il lettore verso il limite nella
seconda parte.
Ci
sono molti modi per descrivere cosa significa “raggiungere il
limite” della sopportazione, quando si legge un romanzo.
Tutto
dipende dalla motivazione che ha avvicinato il lettore a quel
determinato libro.
Io
ho scelto di affrontare la lettura di Una vita come tante
in modo clinico. Sono stata fredda e accurata, tracciando un mio
personale percorso da cui non mi sono discostata. Sinceramente, se mi
fossi fatta prendere dai sentimentalismi non lo avrei mai terminato.
Ho
parlato dei lati positivi del libro, della buona costruzione degli
eventi, della ottima prosa, e adesso aggiungo un altro elemento: la
crudele coerenza della scrittrice.
Mi
spiego meglio: ho detto che ci sono quattro protagonisti, nel libro,
ma in realtà la stella polare della trama è Jude. Jude è un uomo
con un passato che definire drammatico sarebbe un eufemismo; Jude ha
vissuto una escalation di violenze, torture e dolori, e ne è stato
assorbito così tante volte da scomparire all'interno di esse. E'
proprio questa continuità di crudeli avvenimenti a sbalordire e
indignare il lettore. E non si tratta solo della normale ribellione
che una persona normale sente insorgere in sé, quando si trova
davanti alla crudeltà più pura. Il fatto che Jude, dalla più
tenera età, fino al momento di entrare al college, si sia trovato in
presenza solo di persone tremende, genera della perplessità. E'
normale chiedersi se tutto ciò sia realistico, e se l'autrice non
abbia esagerato.
Spesso
ho pensato che fosse presente una esasperazione della violenza, nel
libro, e mi sono detta che una sola violenza sarebbe bastata. Un solo
gesto crudele sarebbe bastato. Viviamo in una epoca piena di persone
crudeli, di gesti che vengono mossi senza una apparente logica, e
sappiamo per esperienza – anche se non diretta – che la vittima
di una violenza è destinata a non dimenticare mai.
Non
si può dire che Una vita come tante
lasci del tutto indifferenti; in un modo o nell'altro si viene
catturati nel vortice degli avvenimenti, si viene ingoiati e poi
rigurgitati dal libro.
Ho
sentito tanti pareri, e questi pareri si dividevano in due direzioni.
C'era
chi lo amava indiscutibilmente.
C'era
chi aveva provato odio, quasi disgusto.
Io
non l'ho ne amato indiscutibilmente ne l'ho odiato. Il libro non è
diventato il mio preferito, ma
nemmeno l'ho considero uno spreco di tempo.
Non è una lettura adatta a
tutti, sono presenti temi tremendi e vengono trattati nel modo più
crudo. Pedofilia, stupro, violenza di gruppo, autolesionismo,
suicidio. Sono alcuni dei peggiori. Sebbene alcuni avvenimenti resi
strazianti dai temi sopracitati vengano narrati come eventi passati,
risultano molto realistici a causa della narrazione visiva. Non
mancano le descrizioni particolareggiate, ne potrebbe sfuggire, anche
al lettore più svogliato e distratto, di capire cosa sia
effettivamente accaduto al povero Jude. Cosa Jude sia stato costretto
a fare, come Jude lo abbia fatto, e come poi gli eventi si siano
catastroficamente trasformati in conseguenze incise sulla sua pelle.
Incise in senso figurato.
Alcune
volta la scrittura è disturbante e difficile da sostenere; una
persona delicata potrebbe versare molte lacrime, rifuggire la lettura
e venire turbata, ma d'altra parte sono riuscita a trovare un lato
positivo nella narrazione spietata delle violenze.
C'è
una denuncia molto spiccata verso la pedofilia, e non in termini
generalizzati. Si parla della pedofilia all'interno di ambiti in cui
un minore dovrebbe essere più tutelato possibile. Un monastero,
addirittura, e un orfanotrofio.
A
questo punto la riflessione sorge spontanea: in America c'è davvero
una crisi così terrificante, riguardo queste istituzioni? E sono le
istituzioni stesse, ad essere malate, oppure i “professionisti”
che vi lavorano?
Si
è parlato moltissimo, negli ultimi anni, delle violenze da parte di
uomini di chiesa
ai
danno di minori. Da poco è uscito al cinema un film che ha
raccontato dell'inchiesta condotta dal Boston Globe contro i preti
pedofili di Boston.
Se
vogliamo, Una vita come tante
svolge un ruolo di denuncia su argomenti che ancora oggi si cerca di
coprire con grande omertà.
Ma
andiamo oltre.
L'epopea
di Jude, Willem,
JB e Malcolm, è stata scritta secondo me con un pensiero preciso.
Non ho letto nulla di
Hanya Yanagihara, nessun articolo; mi sono mantenuta più lontana
possibile da qualsiasi fonte che potesse contaminare il mio pensiero.
E alla fine, quello che ho creduto di cogliere, è stato un desiderio
spietato di dimostrare che un libro, come la vita, non deve mentire.
E' lo stesso Jude a sostenere che la maggior parte dei libri
abbelliscono soltanto la realtà.
Posso
affermare che il libro di Yanagihara non ha lo scopo di abbellire
nulla, e non concede alcuno sconto, ma continua con coerenza
galoppando verso una fine che per me è stata piuttosto ovvia.
Quello
che non ho apprezzato nel libro non è tanto la reazione di Jude a
tutti gli eventi nefasti che gli capitano, ma alcune situazioni che
considero poco realistiche.
Il
rapporto di Jude e Andy, il suo medico, l'ho considerato per tutto il
romanzo poco realistico.
Trovo,
e non potrei cambiare mai idea, che un medico per il quale la propria
professione abbia una qualche dignità, non si dedicherebbe
spontaneamente a ricucire delle ferite che un paziente / amico si
auto infligge. Si tratta di un comportamento che toglie tutto il
senso alla professione del medico, e sono certissima che nella vita
reale una situazione del genere non accadrebbe. Passi l'affetto del
personaggio Andy nei confronti del personaggio Jude, ma questo ciclo
infinito di medicazioni, sgridate e capricci, non è giustificabile.
Non è giustificabile che un dottore debba ricucire ferite migliaia
di volte e fingere che il paziente non sia un autolesionista.
Altri
elementi di irrealismo nel romanzo a parer mio si verificano quando
gli altri personaggi si lasciano soverchiare dalle decisioni di Jude.
La figura di Harold, ad esempio, dimostra molto amore ma poco
carattere.
A
volte ho avuto l'impressione che i personaggi secondari venissero per
esigenza di trama costretti a comportarsi in una determinata maniera,
costretti a non agire troppo. Costretti a non parlare troppo.
Ma
passiamo finalmente a qualche aspetto positivo.
Ho
trovato molto gradevoli alcune parti concentrate a raccontare della
profondità dei rapporti d'amicizia presenti nel libro. L'amicizia,
in una forma più intensa e intima, ad un certo punto si allarga e
lascia spazio all'amore profondo di Jude e Willem. Piacevoli i
passaggi che raccontano di sogni, ambizioni, e che lasciano
trasparire il piacere che un essere umano può provare nel costruire
mattone dopo mattone la propria esistenza. La costruzione di una
esistenza come di una casa. E l'amore per i particolari, l'amore per
i bei ricordi e le serate passate insieme.
Ma
a volte “Gli anni felici” ( titolo di uno dei capitoli del libro
) non bastano.
La
felicità che viene seminata da mani gentili non può mutare il ritmo
di una corsa cominciata molti anni prima, a cui nessuno ha mai
davvero posto uno stop.
La
violenza a volte vince; a volte vince la vita, che è violenta a
sua volta e destinata a
consumarsi in modi che rasentano la disperazione. E quindi nemmeno
l'affetto di persone reali e sincere può
frapporsi tra le iene affamate ( metafora con cui Jude descrive i
propri demoni interiori ) e il sole limpido.
Non
resta che chiedersi “E se”? Oppure rendersi conto che era proprio
così che doveva andare.
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